venerdì 28 agosto 2020

28 agosto 2020 - Mentre corre il treno... di Adriano Cappello

    


 Una velata nebbia avvolgeva ancora il piccolo borgo dei Colli Euganei, tipica zona osannata dal Petrarca. A fatica si distingueva il contorno dell'imponente sagoma del Castello, ricordo e dimora di antica signoria, il cui tempo sembrava essersi assopito. Di buon passo e da buon mattiniero, mi avvio alla stazione; sto aspettando con ansia il momento in cui prendere il treno, per viaggiare verso Nord, per raggiungere il mio sogno, la mia luminosa stella. Porto con me un bagaglio pieno d'amore, di entusiasmo, progetti, voglia di ricostruire. Che emozione nel pensarti! Sento ancora il tuo profumo, le tue mani delicate, il tuo luminoso sorriso, che mai mi abbandona. Sono avvolto da un arcobaleno!

    Uscivo da un temporale violento. Lì avevo trovato rifugio tra persone ipocrite e meschine, ma la sofferenza mi ha temprato e fatto capire che non si può vivere morendo.

    Ora, da attore protagonista della mia vita, mi trovo incoscientemente nel ruolo dello spettatore che osserva ogni scena e tutto quello che il mio viaggio ancora mi saprà donare. Nulla mi ha risparmiato questa mia esistenza: molto da lei ho avuto, ancor più mi ha tolto; ma ora mi sta nuovamente offrendo una nuova vita, donandomi ancor più di prima. La mia impazienza volge al termine; salgo sul treno e, mentre mi allontano dai Colli, i raggi di sole irrompono col loro calore, allontanando la foschia e facendo apparire ai miei occhi questi luoghi, cari alla mia memoria, ma che sembro non riconoscere più. Ho come la sensazione di non reggere più i colori nebbiosi della pianura, la luce, gli sguardi, i ricordi; li sento come un peso quasi, da portare, tutto mio.

    Ma più corre il treno, più viaggia il mio pensiero. Discretamente osservo i passeggeri, chissà se anche il loro viaggio è ricco di riflessioni, osservazioni, voglia di correre. Correre! Già ai tempi della preistoria l'uomo correva, ma per sfuggire alle belve feroci. Poi, ai tempi di Olimpia, nacquero le corse contro il tempo. Adesso l'uomo corre alla ricerca di se stesso, senza capire che per raggiungere questo obiettivo deve invece fermarsi ad ascoltare, sentire, vedere le cose, senza superficialità. Molti vedono, ma pochi osservano! 

    Il treno rallenta. Nuova stazione. Molte persone in fila per salire, anche loro per andare verso una meta. Mi soffermo con lo sguardo a osservare il loro abbigliamento, il loro stile e penso che il miglior vestito che portiamo è il nostro vissuto, e rispecchia l'attuale presente; quel che qualcuno ci ha cucito addosso con amore, insegnandoci fin dalla nostra infanzia. 

    Si riparte! Il viaggio continua, come nella vita: le rotaie, la strada, le stazioni, i luoghi in cui ognuno potrà fermarsi per costruire, o per ripartire di nuovo verso le proprie ambizioni, i sogni, il futuro.

    Entra dal finestrino un raggio di sole: proietta una luminosa linea retta. Sembra parte di un rigo musicale e sulle sue note danza la nostra canzone. Come ti penso! La musica è sempre nel mio cuore! Un giorno l'Amore, con l'aiuto della genetica, diede la vita a una creazione unica, irripetibile.

    E mentre corre il treno... rallenta ora il mio pensiero e prende firma un nitido fermo immagine di questo amore, desiderato, cresciuto, amato; intramontabile presenza nella mia vita!

Vita, che ancora mi sorprendi!

Tanta energia per viverti, un soffio per perderti.

I miei pensieri si interrompono all'annuncio della prossima fermata.

Gioisco Immaginando ULungo Interminabile Abbraccio!

    Una velata nebbia avvolgeva l'antica stazione marittima e anche l'ultimo viaggiatore si allontanava dal mio sguardo. Con passo lento mi avvio verso il molo, mente la bora punge i miei occhi, ormai inumiditi al punto da nascondere la mia luminosa stella e l'azzurro "infinito".

Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare.




Adriano Cappello


martedì 18 agosto 2020

Incontri... di Adriano Cappello


    Non so se fu un sogno... ma un giorno mi persi in un bosco, circondato da mille pensieri che incutevano in me preoccupazioni di ogni genere.

Non ricordo cosa feci, probabilmente piansi; in seguito, mi sdraiai ai piedi di un albero e mi addormentai. 

Una fata vestita d'azzurro mi posò una mano sulla spalla. Aprii gli occhi e la guardai: una luce accecante mi abbagliò, tanto era splendente e la sentii dire: "Su! Forza! La vita è un viaggio per cui hai pagato l'intero biglietto, non puoi scendere alla fermata sbagliata. Risali in fretta, non perdere tempo; asciuga le tue lacrime, ritrova il tuo sorriso, la voglia di correre che hai sempre avuto. La felicità non può essere data da qualcosa che non c'è più. Quando si viaggia nel passato è perché il presente è troppo cupo o insoddisfacente. Ricorda: non siamo sempre noi a inseguire i nostri sogni, a volte sono loro che ci raggiungono!"

D'incanto, come nebbia al sole, la presenza scomparve al mio sguardo. Ripresi il cammino e i miei pensieri iniziarono ad avere una direzione precisa; mi sentivo un guerriero sì, ma solo contro tutti. Attorno a me il silenzio: o forse era dentro di me...una dimensione che trovava la sua ragione di essere nella necessità di riflettere, di meditare sui fatti che si sono manifestati nella mia esistenza lasciando segni profondi.

Ripensavo alle parole del sogno e compresi: se qualcosa o qualcuno mi ha reso felice, ciò mi accompagnerà sempre e ovunque nel tempo. Ma ora, cosa cerco? Una risposta ai grandi interrogativi della vita? Ma quali?

Di questo splendido paesaggio, luogo che mai nel passato avrei immaginato di percorrere, coglievo solo il grigiore. Mentre proseguivo con queste riflessioni vidi da lontano una piccola casa: nessuno sfarzo, ma dignitosa. Mi colpì la sua posizione isolata, fuori dal caos quotidiano. All'ombra di una tettoia costruita con i rami intrecciati di una secolare vigna, stava seduto su una vissuta panchina un signore dall'aspetto curato, con mani e mento appoggiati a un nodoso bastone. Sembrava mi stesse aspettando e mi colpì i suo sguardo: gli occhi erano vispi, ma l'espressione sul volto mostrava un'enorme delusione. Sembrava un guerriero sconfitto nonostante il fisico dimostrasse ancora molta vitalità. Gli infelici si riconoscono da lontano, pensai!

Mi avvicinai e per qualche attimo restammo in silenzio, nonostante i nostri occhi si incrociassero.

"Ti aspettavo", disse. "Anche da lontano ho imparato a riconoscere le persone piene di ricchezza e profondità interiore." Feci un sorriso appena accennato, ma tale da trasmettergli fiducia e positività. A volte ci sono dolori talmente profondi e sordi che ti risucchiano verso una disperazione invisibile ma densa, dalla quale sembra impossibile riuscire a risalire. Sembra che nessuno li possa lenire, ma se un sorriso inaspettato riesce a sorprenderti, allora sarà possibile diradare il buio grazie alla nostra inesauribile vitalità interiore. Fui tentato dal chiedergli molte cose, dirgli che anch'io ultimamente stavo attraversando un periodo molto impegnativo, soprattutto dal punto di vista psicologico, quasi una "reclusione dall'esclusione", ma lasciai che fosse lui a parlare di sé, sostenuto dalla mia presenza rassicurante.

"Sai", disse mentre mi faceva cenno di entrare, "in questo piccolo angolo in cui a volte mi sembra di chiudermi a riccio, sto scoprendo dei cambiamenti sorprendenti. Sono più attento alla mia vita interiore e così aumenta il valore attribuito alle piccole cose. Spesso ripenso alla mia infanzia, alla giovinezza; al ricordo struggente di tutte le traversie affrontate e superate nel tempo."

"Penso all'aiuto dato e a quello ricevuto, allo sguardo dei miei cari, di un amico o alla dolcezza della complicità di qualche compagno di viaggio a cui ho voluto bene e che purtroppo mi ha lasciato."

"Sono scomparse molte ansie, i timori tipici della giovane età, di chi vuole farsi largo nel mondo cercando di restare costantemente al passo con una società sempre più esigente, competitiva, egoista! Qualcuno la chiama saggezza! Ma io credo piuttosto che ciò avvenga naturalmente lungo il percorso della vita."   

E, parlando, aprì quasi con timore la porta di una stanza, come se custodisse all'interno qualcosa di molto prezioso. Il mio stupore non passò inosservato agli occhi del mio nuovo amico. 

Con sorpresa scoprii che tutto ciò che vedevo faceva parte anche della mia vita: una bici da corsa, una chitarra, libri, tante foto. Ma sulla scrivania, in una cornice iridata c'era lei, la fata vestita d'azzurro! Stavo ancora sognando?

Guardai allora quell'uomo che, timidamente, disse: "Ho bisogno di te, del tuo aiuto per trovare le parole adatte per affrontare un argomento che entrambi abbiamo a cuore: cosa significa e cosa può voler dire oggi l'essere padre? Chi, meglio di un figlio, può aiutarmi a far ritornare da me il soggetto di questa immagine?"

Non so se fu un sogno... ma magari... un giorno...


Ringraziamo di cuore Adriano Cappello per aver accettato di collaborare con noi. Speriamo che questo sia soltanto l'inizio!